Respingimenti in mare

La questione migranti, che già per molti ha assunto l’aspetto di una vera e propria invasione, è costantemente al centro di discussioni atte alla ricerca delle migliori politiche per ridimensionare il problema. Eppure, già da anni, ci si chiede il motivo per cui nessuno riesca ad impedire che i tanti immigrati sbarchino sulle nostre coste, il perché non li si intercetta in mare come fa l’Australia.

Quella del ministro dell’interno Matteo Salvini, di voler seguire il modello No Way australiano per frenare gli sbarchi in Italia, sembrerebbe una soluzione semplice considerando che in Australia viene attuata da diverso tempo con effetti positivi. Sembra, allora, quasi paradossale che nonostante le enormi difficoltà politiche e sociali, che giorno dopo giorno stiamo affrontando, nessuno si muova per mettere in atto, anche qui da noi, questa politica,

In realtà, quella di Salvini, non è un idea originale poiché già nel 2008 l’allora governo Berlusconi, a seguito del Trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione, firmato a Bengasi diede vita a una stagione di respingimenti in mare verso le coste libiche di tutti gli immigrati in viaggio verso le nostre coste. Gli effetti positivi di questo trattato furono sin da subito evidenti facendo registrare, nel 2010 (grafico in basso), il picco più basso di ingressi in italia con soli 4406 ingressi.

Pubblicazione1

Il problema di questa politica, che differisce le possibilità Italiane da quelle dell’Australia di far fronte al problema, è che già nel 2005 il Parlamento Europeo sottolineò come questa prassi vada contro il principio di non espulsione e, soprattutto, respingere in mare gli immigrati rende impossibile il loro riconoscimento, ovvero di capire se effettivamente vantino il diritto d’asilo. Per questo motivo l’Italia nel 2012 fu condannata dal CEDU per aver, nel 2009, intercettato – tramite la Guardia Costiera – circa 200 migranti, tra cui donne e bambini, e averli condotti, senza previo riconoscimento, al porto di Tripoli consegnandoli alle autorità portuali. Allora la Libia era considerata priva di un’ efficace disciplina sulla tutela dei diritti umani.

Ecco che anche la proposta di Salvini, già condivisa da molti, rischia di restare solo un progetto se prima non vengono attuati concreti strumenti per il riconoscimento degli immigrati al fine di determinare se effettivamente vantino tutti i requisiti per ottenere il diritto d’asilo.

Lascia un commento