La divisione come fondamento democratico

Cominciamo da un punto fondamentale per chi scrive: la democrazia non è mera attività decisionale ma il modo con cui si esercita il potere: è quel sistema di pesi e contrappesi che impedisce a chi detiene il potere di poter assumere una deriva totalitaria.

Partendo da questo assunto, per garantire che un sistema “Stato” sia il più democratico possibile, v’è bisogno di un’equa frammentazione del potere. Ma che non si parli semplicemente di una divisione per competenze ma, piuttosto, di un sistema di sussidiarietà verticale che, partendo dalla base, metta in contatto il Popolo con le Istituzioni, sino al gradino più alto.

Probabilmente quello che manca alle moderne democrazie è proprio il fattuale collegamento tra gli amministrati e gli amministratori. Spesso, però, questo non è semplicemente un problema di cattiva gestione politica ma accade che gli amministrati formino un complesso sociale troppo eterogeneo che uno stato unitario non riesce a far fronte a questa complessità.

Parliamo dell’Italia: si stratta di uno Stato Regionale che tende, e non poco, a basarsi sul centralismo politico. I nostri governi, da sempre, si basano sull’unità d’intento e un condiviso progetto politico tale che basta una semplice diversità di visione all’interno della maggioranza che la crisi di governo è bella che servita. Ma è di questo che abbiamo  bisogno per un buon governo?

E’ da tempo che il modo di far politica è criticato. Si succedono personaggi politici e progetti nel vano tentativo di dare nuova forma all’amministrazione statale e saziare la sete di democrazia del Popolo. Il cambiamento politico è il cavallo di battaglia di tutti quei partiti che auspicano a occupare lo scranno di governo, ma nessuno, fin ora, è riuscito a mettere in relazione gli amministrati con gli amministratori.

Quel che viene a mancare è l’analisi della diversità sociale italiana che definirla solo  una realtà politica regionale è riduttivo. All’interno delle più grandi città italiane – che potrebbero essere Napoli come Milano – è presente una diversità da quartiere a quartiere quasi da indurci a pensare – a dirla banalmente e sminuendo la vera etimologia del termine – di trovarci in un sorta di “città-stato”. La grande eterogeneità economica, sociale e politica comporta inevitabilmente che le soluzioni di governo non saranno mai condivise da tutti, portando, nel Popolo, insoddisfazione e sensazione di carenza democratica che in realtà è semplicemente cattiva rappresentanza. Infatti, se il principio di sovranità popolare non ha a che fare direttamente con il concetto di potere popolare, vorrà invece indicare il soddisfacimento dei bisogni del Popolo, ovvero la capacità di creare benessere generale. La sovranità popolare è intesa, a ragione o a torto, come principio cardine della democrazia ma, se come detto intendiamo la sovranità come benessere generale, uno stato che non riesce a garantirlo non sarà uno stato democratico.

Un idea molto complessa me che riesce a dare soluzioni migliori rispetto all’intendere la democrazia come mero iter decisionale. Infatti, a questo punto e secondo lo schema proposto, potremo risolvere il problema di rappresentanza delle eterogenee compagini sociali mutando la forma di governo, passando al Federalismo politico e finanziario.

Ciò non significa rendere ancor più eterogenea, dunque divisa, la realtà sociale italiana. Anzi, a pensarci bene, dando maggior autonomia ai contesti regionali attraverso governi decentrati e, soprattutto, politiche locali che tengono conto delle problematiche interne specifiche, si riuscirebbe a creare una sorta d’armonia tra regione e regione tale che non si potrebbe più affermare che determinate soluzioni o determinati fondi siano stati predisposti solo per affrontare problemi di alcune ad esclusione delle altre. Una soluzione che, questa volta, in concreto, potrebbe veramente dare una giusta rappresentanza al Popolo: è molto più semplice riuscire a soddisfare i bisogni di gruppi più omogenei e numericamente inferiori che di una popolazione di oltre 60 milioni spalmata su un territorio più o meno vasto e con esigenze del tutto dissimili.

Logicamente non dovrà mancare il collegamento con un organo di governo centrale che avrà il compito di verificare che i governi decentrati rispettino limiti e competenze al fine di salvaguardare la stessa unità statale, tutelare i diritti fondamentali della popolazione nonché la solidità della democrazia.

 

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